“Così rendiamo la vita difficile a corrotti e corruttori”

Il commissario dell’Authority incontra in Provincia sindaci e amministratori. Protocolli antimafia, stazione unica e nuovo Codice degli appalti strumenti importanti di contrasto

All’indomani del significativo abbraccio all’ex prefetto Antonella De Miro, chiamata a testimoniare al processo Aemilia, sindaci e amministratori reggiani si sono ritrovati insieme per un importante momento di riflessione e di condivisione  sul tema dell’impegno antimafia grazie al convegno che, nell’ambito della settima edizione di “Noicontrolemafie”, ha portato oggi pomeriggio nella Sale del Consiglio provinciale il commissario dell’Autorità nazionale Anticorruzione Michele Corradino.

 “Amministrare la comunità e il territorio: valori, responsabilità e rischi” il tema dell’incontro, guidato dal giornalista Pierluigi Senatore di Radio Bruno, al quale hanno preso parte anche il prefetto di Reggio Raffaele Ruberto, il presidente della Provincia Giammaria Manghi,  il presidente del Consorzio cooperativo Goel Vincenzo Linarello e lo stesso coordinatore scientifico del Festival della legalità Antonio Nicaso.

Ad aprire i lavori il presidente della Provincia Giammaria Manghi, che ha ricordato la “reazione amministrativa che il nostro territorio ha avuto attraverso gli ulteriori Protocolli che hanno tra l’altro consentito di estendere anche all’edilizia privata e all’urbanistica l’azione di controllo e di contrasto ai tentativi di infiltrazione da parte della criminalità organizzata e l’avvio della Stazione unica appaltante, importante strumento al servizio dei Comuni, specialmente quelli più piccoli, che ben interpreta questa nuova stagione delle Province”. “A questo si aggiunge una continua azione anche fortemente culturale, a partire proprio da questa settima edizione del Festival della legalità che offre importanti momenti di formazione per tutti, anche per noi amministratori, e che vede affiancarsi alle istituzioni anche il mondo economico e la società civile”, ha aggiunto il presidente Manghi, ricordando anche il valore della “testimonianza diretta, per dimostrare coerenza tra quello che si dice e quello che si fa”: “Nei prossimi giorni io e gli altri sindaci che si sono costituiti parte civile al processo Aemilia, altra scelta forte e antesignana, abbiamo deciso di deporre in aula per rappresentare  gli interessi violati delle nostre comunità: è una assunzione diretta di responsabilità, un gesto di grande valore simbolico con il quale intendiamo ribadire la primazia delle istituzioni rispetto a valori e principi per noi inderogabili”.

E al processo Aemilia ha fatto riferimento anche il prefetto Raffaele Ruberto in avvio di intervento: “Conosco l’ex prefetto De Miro  come persona di un’onestà intellettuale notevolissima e nella sua deposizione, molto sentita, ho letto la sua autenticità, ma anche il senso di solitudine che può aver provato. Io credo poco agli  uomini e alle donne della provvidenza, molto nel lavoro di squadra, ma sicuramente occorreva qualcuno che gettasse il sasso nello stagno”.  “Il suo lavoro è stato prezioso, e ha reso quasi più semplice il mio – ha aggiunto  – Un lavoro che non è di repressione, ma di prevenzione, e che ho essenzialmente impostato sulla necessità di alzare ulteriormente l’asticella, perché in questo eterno “guardie e ladri” lo Stato ha purtroppo quasi sempre dovuto rincorrere la mafia: ecco allora gli ulteriori Protocolli per intercettare le nuove tendenze della criminalità e il lavoro sulle interdittive antimafia, che non si è fermato ma che è proseguito, rafforzato dalla possibilità di ricorrere anche al commissariamento delle imprese, un altro strumento prezioso di prevenzione  utile anche a depotenziare lo spauracchio di possibili contraccolpi occupazionali”. 

Rivolti ai sindaci, il prefetto ha infine sottolineato “il vostro fondamentale contributo alla formazione delle coscienze e di una sana consapevolezza culturale”, rispetto alla quale “è forse stato meglio aver perso l’ingenuità ed essere diffidenti, anche se non bisogna gettare il bambino con l’acqua sporca”:  “La mafia, purtroppo, è in tutto il Nord Italia, anche nel Canavese ho incontrato comportamenti omertosi da profondo Sud, qui però c’è maggiore consapevolezza e, soprattutto, la volontà di voi amministratori di reagire”.

E’ quindi intervenuto il commissario dell’Autorità nazionale Anticorruzione Michele Corradino, “un’authority nata non per eliminare la corruzione, ma per rendere la vita sempre più difficile a corrotti, corruttori e affaristi e a far sì che, quando si verifica una illegalità, questa emerga”. Una azione oggi agevolata anche dal nuovo Codice degli appalti, “un codice giustamente definito per lo sviluppo e l’innovazione del Paese che vuole proiettarci in Europa e far sì che gli appalti diventino un pezzo della politica economica del Paese”.  “Il nuovo Codice contiene numerosi strumenti di contrasto alla corruzione che possono aiutare gli amministratori, chiamati a cambiare il modo di approcciarsi al mercato degli appalti regolando non solo la domanda, ma anche l’offerta – ha aggiunto Corradino – Fondamentale anche la qualificazione delle imprese appaltanti, che significa che non tutte le amministrazioni potranno fare tutto, solo quelle con valida struttura organizzativa, solidità e funzionari qualificati. Le altre dovranno rivolgersi alle stazioni uniche appaltanti, che hanno visto le ‘nuove’ Province diventare la prima centrale di aggregazione”.

 “E’ stato poi finalmente messo in un angolo il massimo ribasso, che non ha mai garantito qualità degli appalti e ha anzi favorito le infiltrazioni malavitose, esaltando l’offerta economicamente più vantaggiosa e la progettazione esecutiva non può più essere  delegata a chi realizza l’opera”, ha concluso il commissario dell’Autorità nazionale Anticorruzione evidenziando anche “l’importanza della trasparenza come baluardo contro l’infiltrazione, attraverso un controllo sociale diffuso affidato a cittadini, associazioni e giornalisti di inchiesta, perché noi mettiamo tutti i dati in rete, ma qualcuno li deve guardare…”.

Dal presidente del Consorzio cooperativo Goel Vincenzo Linarello, che dal 2003 gestisce nella Locride beni confiscati alla ‘ndrangheta, dà lavoro ad oltre 200 persone ed ha “subito ogni sorta di intimidazione”, infine una sorta di decalogo antimafia per sindaci e amministratori: “Non centralizzate le decisioni perché meno persone decidono più su quelle persone graverà l’intimidazione mafiosa; createvi il controllo da parte dei cittadini, valorizzando anche il ruolo delle opposizioni, se sono vere e non colluse, e dando potere consultivo a osservatori e coordinamenti antimafia; siate  integri, perché quando la ‘ndrangheta vede una persona che ha fatto qualche eccezione è finita; gridate qualunque cosa vi succeda, non lasciate passare nel silenzio nessuna intimidazione; fate attenzione perché la crisi economica rappresenta una grande opportunità per le mafie, il cui problema non è fare soldi, ma reimpiegarli, e  individuando micro e piccole imprese in difficoltà, se le comprano bruciando i tempi di radicamento sul territorio”. 

 

 

Pubblicato: 06 Aprile 2017