Messa di fronte all’inchiesta Aemilia Reggio Emilia non ha nascosto la testa sotto la sabbia. La città, istituzioni in testa, si è da subito schierata dalla parte del lavoro dei magistrati con atti e fatti concreti, misurabili. Regione, Comuni e Provincia hanno accompagnato e supportato il grande lavoro svolto, e gli esempi in questo senso sono innumerevoli. Prova ne sono la costruzione dell’aula nel Tribunale reggiano a tempo di record, cosa mai avvenuta in Italia, il rinnovo in modo ancora più incisivo dei protocolli antimafia, l’opera messa in campo con la Prefettura e le categorie economiche sulle white list provinciali. Tante altre azioni, nelle scuole, nella cultura, nel dialogo con l associazionismo civile, vanno in questa direzione e tutti noi siamo impegnati ogni giorno, per le competenze che ci sono delegate, a testimoniare e a praticare questo lavoro nel quotidiano.
Al tempo stesso la medesima cultura democratica ci induce oggi a rivendicare con forza la difesa di un funzionario pubblico quale l’ingegnere Maria Sergio che svolge con onestà e dedizione il proprio lavoro nell’ente pubblico – lo ha fatto, per alcuni anni, anche alla Provincia di Reggio Emilia – e che in tutto questo tempo mai è stata raggiunta da accuse o indagini delle autorità. Le istituzioni funzionano perché ci lavorano persone che compiono il proprio dovere quotidianamente, animati dal desiderio di agire per il bene pubblico. Non può essere che generici riferimenti non circostanziati da alcunché, considerazioni allusive che ignorano qualsiasi attinenza con le più elementari regole del procedimento amministrativo, consentano di mettere alla gogna qualcuno. Questo è tanto più vero quando si tratta di persone che agiscono negli enti locali, il cui operato non è discrezionale, ma vincolato alla legge italiana e rintracciabile in atti e procedure trasparenti e soggette a costante controllo da parte di molteplici organi. Accettare che bastino alcune frasi buttate qua e là per affermare il contrario costituirebbe un gravissimo vulnus al buon funzionamento stesso della pubblica amministrazione, il trionfo della cultura del sospetto non suffragata da atti che – in ultima istanza- porterebbe alla paralisi delle articolazioni dello Stato. Un obiettivo, questo, che non farebbe assolutamente il bene della legalità, ma semmai aprirebbe varchi di azione enormi e gravi all’attivismo di clan criminali.
Giammaria Manghi
Presidente della Provincia di Reggio Emilia