“Gli studi sulle mafie li abbiamo, sono i controlli che mancano e le sanzioni che sono troppo blande in un mondo di spregiudicati con l’etica sotto i piedi. Perché delinquere non rimanga conveniente, non serve inasprire le pene detentive, che spesso non vengono applicate, ma prevedere automatismi sul piano delle sanzioni amministrative, creando ad esempio inibitorie realmente efficaci”. E’ la ricetta del procuratore capo della Repubblica di Catanzaro, Nicola Gratteri, questa mattina al centro Malaguzzi per l’XI edizione di Noicontrolemafie, il Festival della legalità promosso dalla Provincia di Reggio con la direzione scientifica di Antonio Nicaso. “Aziende, mafia e pandemia” il tema del convegno, organizzato in collaborazione con l’Ordine dei commercialisti e degli esperti contabili di Reggio, da tempo partner di Noicontrolemafie.
Con Gratteri e Nicaso presenti anche Claudio Clemente, direttore dell’Unità Investigazione finanziaria della Banca d’Italia, e il pro rettore dell’Università di Padova Antonio Parbonetti, mentre ad aprire la giornata è stato il consigliere provinciale Nico Giberti, che ha sottolineato come “il processo Aemila abbia rappresentato uno spartiacque culturale, ma certo non una diga”. “I problemi ci sono ancora, molti sono stati accentuati dalla pandemia e noi pubblici amministratori abbiamo bisogno di sostegno, di non sentirci soli e abbandonati – ha aggiunto il sindaco di Albinea – Quando affrontiamo un appalto, vogliamo verificare da dove arrivano i nostri interlocutori, non scoprire interdittive antimafia quando i lavori sono stati già assegnati…”.
Dopo il bel video realizzato da 3 classi del Galvani-Iodi e premiato dalla Fondazione Falcone, il pro rettore dell’Università di Padova Antonio Parbonetti ha presentato lo studio sulle infiltrazioni nelle aziende che un gruppo di ricerca dell’ateneo sta portando avanti, partendo dalle ordinanze di custodia cautelare e dalle condanne per il 416bis per individuare connessioni con le aziende. “Emerge una presenza di imprese criminali con effetti distorsivi rilevanti, a partire dalla concorrenza sleale, che impoveriscono le comunità – ha detto – Sono anche in Veneto, Emilia-Romagna e Lombardia, operano in tutti i settori, non solo nell’edilizia o nella ristorazione, e si presentano a noi in un modo in cui non ci aspettiamo, si mimetizzano senza destare preoccupazione”.
“Sono imprese anche di una certa dimensione, con fatturati che beneficiano di attività illecite o drogati dal meccanismo di false fatturazioni che riescono a creare all’interno di vere e proprie filiere – ha concluso Parbonetti – Le mafie non sono altrove e impongono elevati costi sociali ed economici, limitando le libertà anche in questi campo: le mafie ci sono vicine e la lotta contro di loro dipende dall’impegno di tutti”.
Claudio Clemente, direttore dell’Unità Investigazione finanziaria della Banca d’Italia, ha quindi illustrato la preziosa opera di intelligence che Palazzo Koch svolge, all’interno di una rete internazionale, “per intercettare tracce del denaro che ci conduca a chi ha commesso delitti, favorire la cultura dell’antiriciclaggio e far accrescere il livello della legalità del Paese “. Fondamentale l’incrocio dei dati, a partire di quello con l’archivio della Direzione nazionale antimamafia e antiterrosino, che ha portato a raddoppiare dal 2019 al 2020 il numero di operazioni sospette segnalate: “Ora siamo sulle 20.000 circa all’anno, in particolare in Campania, Lombardia e Lazio, il 5,3% delle quali in Emilia-Romagna”, ha spiegato Clemente, illustrando anche i risultati di “una mappatura di 14 milioni di imprese italiane che ci ha portato ad individuarne 150.000 se non mafiose, comunque contigue o in contatto con la criminalità organizzata”. La provincia di Reggio Emilia, con un dato del 3% sul totale di imprese iscritte al Registro, supera la media nazionale del 2,4% e si colloca a livello di Salerno, Trapani e Brescia.
“Forniture di Dpi, finanziamenti garantiti dallo Stato e usura i tre fronti che abbiamo segnalato come sensibili durante la pandemia, fin dall’aprile 2020, mentre ora l’attenzione deve essere posta sui 191,5 miliardi in arrivo con il Pnrr: le pubbliche amministrazioni devono collaborare di più, perché se si inserirà la criminalità organizzata sprecheremo parte di queste fondamentali risorse”, ha concluso.
“Sono entrambi studi molto interessanti ed utili anche a noi investigatori, perché del Veneto ad esempio si parla poco, ma questa regione rappresenta la nuova frontiera del riciclaggio – il commento di Nicola Gratteri – Sì, è vero, sono venuti a cercarvi loro, ma da imprenditori ingordi a cui la ricchezza non basta mai, i veneti li hanno accolti ed abbracciati: e questo è preoccupante perché significa che in tante zone del Nord etica e morale ce le siamo messe sotto i piedi nel nome del dio denaro…”.
Il procuratore capo di Catanzaro ha quindi sollecitato l’Europa “a darsi una mossa perché le mafie non sono un problema solo italiano e tanti Paesi non si sono ancora dotati di un sistema giudiziario forte o non contrastano con sufficiente energia il riciclaggio, magari perché sotto sotto sono contenti di ricevere fiumi di denaro”. “Nella vicina Austria è estremamente facile riciclare, la Germania è il secondo Paese del mondo per presenza mafiosa, ma non fanno indagini e non hanno nemmeno gli strumenti normativi per contrastare la mafi:, in nome della privacy non possono ad esempio fare registrazioni ambientali”, ha detto Gratteri, incitando i parlamentari europei italiani a proporre norme più stringenti contro il riciclaggio.
Rispondendo alle domande degli studenti, il magistrato ha infine definito il suo lavoro “il più bello del mondo, perché non dobbiamo rispondere a nessuno se non alla legge e perché ci permette di migliorare il contesto dei territori in cui operiamo“. “Noi uomini delle istituzioni dobbiamo però essere più presenti, ascoltare di più anche i cittadini, ma soprattutto essere coerenti: la gente va accompagnata, incoraggiata, più che con le parole con i nostri comportamenti”, ha aggiunto, affermando infine che il “problema delle mafie si può risolvere all’80%: serve la volontà politica e alla politica serve coraggio”.